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"Rayuela" di Julio Cortázar è un campo minato: o giochi, o ti perdi.
Rayuela di Julio Cortázar è un’opera-mondo, un congegno letterario che, come i labirinti di Borges, sfida le tradizionali categorie interpretative. La sua struttura aperta, capace di accogliere letture multiple, e la sua natura sperimentale pongono il lettore al centro di un gioco intellettuale che è, al tempo stesso, una riflessione sulla condizione umana e sulla cultura contemporanea.
Come pochi altri romanzi del Novecento, Rayuela si pone all’incrocio tra letteratura e sociologia, tra narrazione e filosofia. Con Cortázar, il testo non è più un prodotto da consumare, ma un campo di battaglia per l’intelletto, un’opera che, per dirla con Barthes, si trasforma da oggetto chiuso e definito a spazio aperto di interpretazione e co-creazione.
La crisi della modernità e il rifiuto delle certezze
Ogni grande opera è figlia del proprio tempo, ma le migliori riescono anche a trascenderlo. Rayuela, pubblicato nel 1963, è profondamente radicato nelle tensioni della modernità, un’epoca in cui le certezze positiviste si sgretolano e la narrazione lineare cede il passo al frammento, al caos.
L’America Latina degli anni Sessanta è attraversata da un fervore intellettuale senza precedenti, il cosiddetto Boom Latinoamericano, che inaugura una nuova stagione della letteratura mondiale. Ma, al contempo, Rayuela dialoga con la cultura europea: Parigi, città cardine del romanzo, è il luogo in cui si manifestano le tensioni della modernità, una sorta di “laboratorio dell’anima”, dove gli intellettuali si confrontano con l’assurdità dell’esistenza e con la perdita di senso.
La struttura stessa del romanzo riflette questa crisi: il lettore può scegliere tra una lettura lineare e una “alternativa”, un cammino rizomatico che invita a rifiutare le logiche dell’ordine precostituito. Non c’è un percorso unico, non c’è un centro: il testo è un labirinto, una metafora della frammentazione della realtà contemporanea.
Il lettore come co-autore
Il lettore di Rayuela non è un consumatore passivo, ma un partecipante attivo, un co-autore. Questa trasformazione è cruciale per comprendere la portata innovativa dell’opera. Cortázar demolisce l’autorità dell’autore, ponendo il lettore al centro del processo interpretativo.
Questo fenomeno può essere analizzato alla luce della sociologia della cultura. Negli anni Sessanta, la democratizzazione dell’accesso alla cultura e la diffusione dei mass media ridefiniscono le gerarchie tradizionali: il sapere si apre, diventa fluido, partecipativo. Cortázar anticipa questa trasformazione, invitando il lettore a immergersi in un testo che non offre risposte, ma moltiplica le domande.
Qui si può riconoscere una sorta di pedagogia implicita, che invita il lettore a diventare un esploratore, un costruttore di significati. È un modello che anticipa le dinamiche della nostra era digitale, dove l’ipertestualità e l’interattività sono diventate modalità dominanti di fruizione culturale.
Il gioco come paradigma culturale
Huizinga ci ricorda, in Homo Ludens, che il gioco non è un’attività marginale, ma una dimensione fondamentale della cultura umana. In Rayuela, il gioco è al tempo stesso struttura narrativa e metafora della condizione esistenziale.
Giocare significa accettare l’incertezza, abbandonare la sicurezza delle regole prestabilite e confrontarsi con l’imprevedibile. Per Cortázar, il gioco non è evasione, ma un atto di ribellione contro le rigidità della modernità. È una forma di libertà, un modo per ridefinire le regole del vivere e del narrare.
Questo approccio ludico è profondamente politico. In un mondo dominato dalla standardizzazione e dall’omologazione culturale, Rayuela propone un’alternativa: una cultura aperta, creativa, capace di reinventarsi continuamente.
Ibridazione culturale e globalizzazione
Come Borges prima di lui, Cortázar non si limita a rappresentare l’America Latina, ma costruisce un’opera transnazionale, in dialogo con la grande tradizione europea. Parigi, dove si svolge gran parte del romanzo, diventa uno spazio simbolico, un crocevia di influenze, esperienze e identità.
Questo multiculturalismo ante litteram anticipa la condizione della globalizzazione culturale. Seguendo le intuizioni di Arjun Appadurai sui flussi globali, possiamo leggere Rayuela come una rappresentazione dell’ibridazione culturale: un processo in cui le identità locali e globali si incontrano, si scontrano e si trasformano.
Ma questa apertura al mondo non è priva di conflitti. I personaggi del Club de la Serpiente, in Rayuela, vivono una condizione di esilio e spaesamento, una tensione irrisolta tra appartenenza e perdita. È una tensione che riflette la condizione dell’intellettuale moderno, sospeso tra radici e orizzonti.
Critica al sapere istituzionalizzato
Rayuela si erge come un atto di sfida contro le istituzioni del sapere. La sua struttura frammentata e rizomatica contrasta con i paradigmi accademici e positivisti, proponendo un modello di conoscenza aperto, intuitivo, dialogico.
Cortázar ci invita a ripensare il sapere non come un sistema chiuso, ma come un processo di esplorazione continua. È una critica che anticipa le teorie post-strutturaliste, sfidando le logiche di controllo e normalizzazione che caratterizzano le istituzioni culturali.
L’iperromanzo come spazio di libertà
Rayuela è, a tutti gli effetti, un’opera aperta, nel senso che Uberto Eco attribuiva a questa definizione. Non offre un senso definitivo, ma invita il lettore a costruirlo, a negoziarlo, a giocare con esso. In questo risiede la sua modernità, ma anche la sua perenne attualità.
Cortázar ci insegna che il romanzo non è un contenitore di certezze, ma uno spazio di libertà, dove il lettore può smarrirsi e ritrovarsi. In un’epoca di globalizzazione, frammentazione e incertezza, Rayuela continua a parlarci, a interrogarci, a sfidarci – come ogni grande opera d’arte dovrebbe fare.